La Corte di Giustizia dell’UE dà ragione a CBA nel caso di Jamendo contro il duopolio SIAE e LEA
CBA, con un team composto da Mattia Dalla Costa, Alessia Ferraro, Anna Iorio e Giulia Cipriani, assiste il cliente JAMENDO - società lussemburghese che gestisce l'omonima piattaforma web distributrice e licenziante di opere musicali di autori e artisti indipendenti - in un caso contro l'associazione italiana LEA - Liberi Editori e Autori, organismo di gestione collettiva (costituita da Soundreef) che assieme al ex monopolista SIAE svolgono in Italia attività di intermediazione di diritti d’autore su opere musicali.
Il caso è stato deciso dalla Corte di Giustizia Europea con una sentenza pubblicata in data 21 marzo 2024 che ha completamente cambiato le regole su chi gestisce e raccoglie i diritti d’autore in Italia e nell’Unione Europea, ponendo definitivamente fine ai (pochi) monopoli ancora esistenti in questo settore, tra cui il duopolio SIAE-LEA (Soundreef) ancora esistente in Italia e il monopolio austriaco.
Nel contenzioso cautelare incardinato da LEA contro JAMENDO presso il Tribunale di Roma, LEA ha sostenuto che l'attività di JAMENDO sul mercato italiano sarebbe da assimilare alla gestione collettiva dei diritti d'autore e che essa sarebbe illegittima ed anticoncorrenziale, non essendo JAMENDO un organismo di gestione collettiva e non disponendo dei requisiti necessari per operare in Italia. L’art. 180 della legge italiana sul diritto d’autore limita infatti la possibilità di agire in qualità di intermediatori di diritti d’autore su opere musicali alla sola SIAE e agli organismi di gestione collettiva (LEA in questo caso).
Il team di CBA, contestando il duopolio di SIAE e LEA (Soundreef), ha eccepito in tale procedimento l'illegittimo recepimento da parte del legislatore italiano della Direttiva 2014/26/UE sull’intermediazione di diritti d’autore e diritti connessi su opere musicali (Direttiva Barnier) che prevede che gli autori possano affidare la gestione dei propri diritti di proprietà intellettuale alla società che preferiscono all'interno dell'Unione Europea, liberamente scegliendo alternativamente tra OGC ed EGI.
Il fulcro della questione sottoposta alla Corte dal team di CBA riguarda l’interpretazione della Direttiva Barnier, e in particolare se essa osti alle normative degli Stati membri che limitano l’accesso all’attività di intermediazione dei diritti d’autore alle sole organizzazioni di gestione collettiva (OGC), con esclusione delle entità di gestione indipendente (EGI), come attualmente avviene in Italia: con il Decreto Legislativo 15 marzo 2017, n. 35 il Governo italiano ha recepito la Direttiva Barnier ma, pur prevedendo teoricamente come soggetti abilitati a fornire servizi di intermediazione dei diritti d’autore, oltre alla SIAE, sia gli OGC che le EGI, ha invece lasciato sostanzialmente immutata la norma che prevede una riserva all’attività di intermediazione solamente a favore di SIAE e delle OGC (quale appunto LEA), con esclusione delle EGI: in tal modo la legge italiana è ostativa alla corretta applicazione della Direttiva Barnier.
Un’interpretazione a favore dell’apertura anche alle EGI dell’attività di intermediazione di copyright era stata resa dal Primo Avvocato Generale (AG) Maciej Szpunar con le Conclusioni pubblicate in data 25 maggio 2023: in linea con la tesi sostenuta da CBA e dalla Commissione Europea, il Primo Avvocato Generale ha affermato che gli autori possono affidare la gestione dei propri diritti di proprietà intellettuale alle società che preferiscono all'interno dell'Unione Europea, potendo scegliere liberamente tra organizzazioni di gestione collettiva (come SIAE e LEA) oppure entità di gestione indipendente (come Jamendo).
Ora questa interpretazione è stata definitivamente confermata dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza del 21 marzo con la quale la Corte ha deciso che la normativa italiana, nella misura in cui non consente alle entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare in Italia i loro servizi di gestione dei diritti d’autore, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
Sebbene tale restrizione possa in linea di principio essere giustificata ai fini della tutela dei diritti di proprietà intellettuale, essa appare sproporzionata poiché preclude in modo generale e assoluto a qualsiasi entità di gestione indipendente stabilita in un altro Stato membro di svolgere la sua attività nel mercato di cui trattasi.
La normativa italiana non è quindi compatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con la Direttiva Barnier e con l’art. 56 TFUE.
“Questa sentenza, oltre a garantire la piena libertà di scelta in capo ad autori e musicisti circa il soggetto a cui affidare l’intermediazione dei propri diritti, sancisce finalmente la piena liberalizzazione del mercato dell’intermediazione musicale, rivoluzionando il quadro normativo non solo italiano, ma europeo: vengono così eliminate posizioni monopolistiche che risultavano ormai anacronistiche rispetto alle attuali caratteristiche del mercato musicale, sempre più globale, veloce e interconnesso”, ha dichiarato Mattia Dalla Costa, “Ammontano a centinaia di milioni di euro gli interessi economici sottostanti alla gestione dei diritti d’autore nel campo audiovisivo in Italia ed in Europa, specie nel settore online (streaming e download) che costituisce il 65% del mercato”.
La sentenza del 21 marzo chiarisce l’interpretazione che il Tribunale di Roma, presso il quale il contenzioso tra Jamendo e LEA è incardinato, dovrà dare al il Decreto Legislativo 15 marzo 2017, n. 35: tanto le EGI quanto le OGC (oltre a SIAE) possono svolgere attività di intermediazione di diritti d’autore e diritti connessi nel settore musicale.
Viene così travolto il duopolio riservato in Italia a SIAE e LEA (Soundreef), che solo dal 2018 si è unita a SIAE, monopolista in Italia per circa 120 anni.